Premessa maggiore: uno che ha la storia umana e professionale di Pietro Grasso va rispettato a prescindere dalle sue scelte. Può sbagliare, si può non essere d'accordo, ma la vita di Grasso va rispettata e merita tanto di cappello. La sua lectio magistralis all'Università di Genova è stata una splendida testimonianza contro la mafia. Poi, magari lo spettacolo andato in scena al Teatro Stabile, voluto da Angelo Pastore, Gian Enzo Duci e dalle istituzioni per omaggiarlo non è propriamente un capolavoro della drammaturgia contemporanea, ma qui sono solo questioni di gusti del critico.
Premessa minore: uno che si chiama Grasso, sia pure Pietro e non Giancarlo, su questo sito sarà sempre riverito. Absit iniuria verbis.
Ma, a parte gli scherzi, la storia parlamentare di Pietro Grasso negli ultimi tempi è - come dire? - particolare.
Qualche settimana fa, ad esempio, raccontammo di come l'addio di Grasso al gruppo del Partito Democratico a Palazzo Madama fosse arrivato prima alle agenzie di stampa che sugli atti ufficiali del Senato della Repubblica.
Spiegammo anche che, ovviamente, conoscendo la sensibilità istituzionale del presidente, doveva essere semplicemente un problema di comunicazione.
E infatti così era, tanto che - probabilmente per la prima volta nella storia della Repubblica italiana - gli atti del Senato precisarono ora e minuto del cambiamento di gruppo: "A partire dalle ore 18,27 del 26 ottobre 2017, il senatore Pietro Grasso cessa di far parte del Gruppo parlamentare Partito Democratico e a partire dalle ore 18,28 della stessa data entra a far parte del Gruppo Misto".
Ora, dall'ultimissima seduta di Palazzo Madama, la presidente dei senatori dalemian-bersaniani-grassiani Maria Cecilia Guerra - che guidava il gruppo parlamentare "Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista" fin dal giorno della sua costituzione - "ha comunicato che, a partire dal 13 dicembre 2017, il Gruppo parlamentare da lei presieduto integra la denominazione come segue:
"Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista - Liberi e Uguali"".
E proprio quell'aggiunta "Liberi e Uguali", che peraltro a Montecitorio non c'è ancora negli atti della Camera dei deputati, è l'esordio ufficiale del nuovo nome del partito di Grasso, che ha nel logo proprio il nome del presidente del Senato: "Io non voievo, ma mi hanno spiegato che è come il braccialetto per i neonati".
Nei giorni scorsi, ci sono state polemiche perchè nei post ufficiali del presidente del Senato appariva proprio questo logo, l'ex senatore azzurro eletto in Liguria ed ex direttore del Tg1 Augusto Minzolini - con il suo passo dialettico situazionista - ha paragonato il tutto alla Corea del Nord, Paese caro peraltro al suo ex compagno di gruppo in Forza Italia a Palazzo Madama Antonio Razzi, che avrà potuto spiegargli le vicende di Pyongyang e dintorni.
Poi, il caso si è risolto. Il simbolo era entrato "in automatico" per una di quelle strane vicende di caricamenti telematici e poi è stato giustamente levato perchè c'entrava con l'istituzione e con la seconda carica dello Stato come i cavoli a merenda.
C'è un problema, però. Che, oggi, Pietro Grasso non aderisce al gruppo parlamentare del partito "Liberi e Uguali con Pietro Grasso", ma è ancora ufficialmente iscritto al Gruppo Misto di Palazzo Madama.
Come in uno sdoppiamento di personalità parlamentare, simile a quella del senatore a vita Mario Monti a inizio legislatura che aderì al gruppo "Scelta civica con Monti per l'Italia", immediatamente trasfiguratosi il giorno successivo in "Scelta civica per l'Italia" senza più Monti nel nome.
Ma con Monti nel gruppo.
Poi, il gruppo venne sciolto e i montiani andarono altrove, ma senza Monti, rimasto poi apolide nel Misto.
Insomma, gli atti parlamentari sono Monti altissimi di divertimento.
E giocare sulle denominazioni dei gruppi e dare il proprio nome a un partito è Grasso che cola.
Letteralmente.