Confartigianato esprime il proprio apprezzamento per il contenuto del provvedimento in oggetto che dispone l'abrogazione dell'articolo 49 del Codice della navigazione (Regio decreto 30 marzo 1942, n. 327) in materia di devoluzione delle opere non amovibili.
La legge in vigore dal 1942 riguarda solo le opere fisse in cemento, ma finora – di fatto – non è mai stata applicata alle concessioni storiche, in quanto le stesse hanno goduto prima del regime di “rinnovo automatico” e poi di una lunga serie di proroghe che hanno sempre rinviato la scadenza dei titoli. Considerata la scadenza delle concessioni fissata al 31 dicembre 2023 e la direttiva europea 123/2006/CE (c.d. Bolkestein) che impone le riassegnazioni tramite gare, l’articolo 49 del Codice della navigazione rischia oggi di essere applicato con effetti devastanti per decine di migliaia di piccole e medie imprese in prevalenza a gestione familiare. Se non verrà approvata in tempi rapidi una riforma per decidere il futuro delle concessioni balneari a partire dal prossimo anno, l’Agenzia del demanio non potrà fare altro che applicare la legge attualmente in vigore, ovvero procedere con gli incameramenti, ossia l’acquisizione della proprietà da parte dello Stato.
L’articolo 49 in questione è stato introdotto in un periodo storico in cui era dominante un’impostazione imperativa dell’atto concessorio, che concepiva il medesimo quale “grazia” elargita dallo Stato, secondo un’impostazione a nostro avviso non più attuale.
La proposta di legge nasce, pertanto, con l’intento di ripristinare e garantire i diritti di cittadini e imprese che hanno investito nel settore, in un contesto normativo connotato dal diritto di insistenza – che riconosceva un regime preferenziale nei confronti del concessionario uscente – e dal regime delle proroghe ex lege, ben diverso da quello nel quale operano attualmente, dove il diritto di incameramento senza indennizzo e nella formulazione attuale potrebbe provocare ulteriore confusione oltre che penalizzare i concessionari stessi: gli imprenditori demaniali, infatti, non saranno più i legittimi proprietari delle loro aziende una volta giunti a scadenza i loro titoli, poiché tutti i loro beni materiali passeranno allo Stato senza nemmeno avere un ristoro. Uno scenario che – finché esisteva il sistema di “rinnovo automatico” delle concessioni al medesimo titolare – allarmava poco le imprese del settore: ma oggi invece, essendo la norma sul “diritto d'insistenza” abrogata dal 2010 senza che sia seguita una riforma a stabilire nuovi criteri per la certezza dell’impresa balneare, è una fonte di grave preoccupazione.
Le recenti considerazioni dell’Avvocatura generale della Corte di giustizia europea sulla presunta incompatibilità dell’articolo 49 Cod. Nav. con l’articolo 49 del Trattato fondativo dell’Unione europea (TFUE) sulla libertà di stabilimento evidenziano, tra l’altro, il parallelismo fra le concessioni balneari e quelle per le scommesse e il gioco d’azzardo, oggetto della sentenza della Corte di giustizia europea del 28/01/2016, Laezza c. Italia, in tema di libertà di stabilimento e prestazione di servizi ex artt. 49 e 56 TFUE, che ha dichiarato l’illegittimità degli espropri senza indennizzi.
Anche nell’applicazione della citata direttiva “Bolkestein”, ravvisiamo un’interpretazione non consona che, invece di rafforzare il quadro giuridico – garantendo alle imprese la tutela dei diritti fondamentali contenuti nella Carta di Nizza, tra i quali il diritto di proprietà, la libertà di iniziativa economica e la protezione del legittimo affidamento – lo ha reso oltremodo incerto, in particolare per le micro imprese balneari.
Si accoglie, pertanto, con favore l’abrogazione dell’articolo 49 del Codice della navigazione sul presupposto che la norma impone un limite di tempo al godimento della proprietà privata di un mezzo economico legalmente acquisito, senza motivazioni valide e in contrasto con le sentenze della Corte di giustizia europea e con la Carta dei diritti fondamentali della UE.
La necessità di tutelare gli investimenti del concessionario uscente era già stata confermata anche dalla giurisprudenza amministrativa italiana. Le note sentenze gemelle dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato (nn. 17 e 18 del 2021) avevano infatti precisato che l’indizione di procedure competitive per l’assegnazione delle concessioni deve, ove ne ricorrano i presupposti, essere supportata dal riconoscimento di un indennizzo a tutela degli eventuali investimenti effettuati dai concessionari uscenti, essendo tale meccanismo indispensabile per tutelare l’affidamento degli stessi. A livello normativo – peraltro – la legge annuale del mercato e della concorrenza del 2022 (legge n. 118/2022) ha fatto propri i rilievi delle pronunce dell’adunanza plenaria, valorizzando la posizione dei soggetti che hanno storicamente operato in questo settore esercitando la propria attività di impresa, quale prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare. La citata legge n. 118/2022 – applicando la sentenza del Consiglio di Stato del novembre 2021 che ha annullato l’ultima proroga al 2033 – ha fissato la proroga al 31 dicembre 2023 e il successivo decreto Milleproroghe (convertito dalla legge n. 18/2024), l’ha ulteriormente posticipata al 31 dicembre 2024. Tuttavia, l’Agenzia del demanio non ha mai riconosciuto la validità di quest’ultima proroga: nella recente lettera inviata ai Comuni, infatti, si fa riferimento alla scadenza del 31 dicembre 2023 stabilita dalla legge 118/2022, in quanto la successiva proroga di un anno rappresenta un altro rinnovo automatico e generalizzato in contrasto col diritto europeo.
Nell’attuale contesto giuridico e in considerazione dell’appartenenza del nostro Paese all'Unione europea, la previsione del citato articolo 49 del Codice della navigazione appare oggi del tutto anacronistica e se ne sostiene, pertanto, l’abrogazione.