C'erano una volta i Verdi.
Anarchici libertari che portarono allegria in Parlamento, "angurie" verdi fuori e rosse dentro, ma anche scuola di formazione politica per alcune delle figure che hanno operato meglio nei rispettivi spazi: penso a Francesco Rutelli a Roma, a Edo Ronchi al governo o a Marco Boato in Parlamento e a tanti altri, spesso di scuola radicale.
Poi, un po' alla volta, la forza gioiosamente eversiva si è spenta con l'ingresso nelle istituzioni e, soprattutto, con le alleanze sempre e solo a sinistra, molti elettori che li sceglievano per le battaglie ambientali hanno iniziato a non sorridere più al Sole.
Oggi, ad esempio, alcuni ex del Sole che ride stanno convintamente nel centrodestra, nel Movimento animalista di Michela Vittoria Brambilla e di Francesco Maresca e Valentina Jannacone a livello ligure.
A far disamorare gli elettori molto ha contribuito un certo talebanismo di una parte del gruppo dirigente, che si è spesso poco interessato alle esigenze delle categorie produttive.
Non comprendendo, ad esempio, che l'artigianato è il primo modello di lavoro eco-compatibile ed eco-sostenibile.
Insomma, sta di fatto che, in questa legislatura, i Verdi non hanno avuto nessun eletto. Complice il cartello elettorale con "Rivoluzione civile" di Antonio Ingroia, che poco o nulla c'entrava con la loro storia, fatta anche di garantismo, con scelte difficili e impegnative come quelle di Alex Langer, dello stesso Boato, di Paolo Cento, di Luigi Manconi e di altri, garantisti sempre e non a targhe alterne.
Insomma, la diciassettesima legislatura repubblicana era senza Verdi. A inizio legislatura, certo.
Perchè poi, se alla Camera il Sole è rimasto oscurato, nelle altre istituzioni c'è stato un boom di neo-Verdi. Magari per pochi mesi, magari tendenti a scolorirsi, ma certo ufficialmente Verdi.
A Strasburgo e Bruxelles a raccogliere la bandiera è stato l'ex eurodeputato pentastellato del Nord-Est Marco Affronte, eletto nel MoVimento Cinque Stelle e poi passato ai Verdi europei.
In Senato, il turn over è frenetico. Prima è diventato Verde l'ex senatore pentastellato Bartolomeo Pepe, che ha creato la componente dei Verdi nel Misto di Palazzo Madama e poi ha portato il marchio della Federazione dei Verdi nel gruppo Grandi Autonomie e Libertà, una sorta di superMisto del Senato, dove ha trovato l'altra ex compagna di MoVimento Cinque Stelle Paola De Pin, che nel frattempo aveva aderito ai Verdi pure lei. Ma, presto se ne sono andati tutti e due: Pepe nel Movimento Base Italia e poi nel Movimento Politico Libertas; la De Pin in Euro-Exit, poi in Alternativa per l'Italia e infine in Riscossa Italia.
Sigle e mondi variegati, ma non più Verdi.
Che, però, come la Fenice, sono risorti nel gruppo misto con la componente "Federazione dei Verdi" grazie a un'altra ex senatrice del MoVimento Cinque Stelle, la genovese Cristina De Pietro, che però il mese scorso ha lasciato la compagnia, facendo così nuovamente sparire il Sole che ride dal Parlamento.
Ma lo spegnimento del Sole è durato solo una manciata di settimane e, l'altro giorno, il senatore socialista dello Sdi Enrico Buemi, un altro garantista storico, ha lasciato il suo gruppo per entrare nel Misto e far rivivere la "Federazione dei Verdi", alla sua ennesima resurrezione parlamentare.
Si è riacceso il Sole e chi l'ha riacceso è Buemi.
Ora, si mira a scongiurare altri black-out.