Pratiche commerciali tra imprese della filiera agricola e alimentare: c’è tempo fino al 16 giugno per regolarizzare i vecchi contratti

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01/04/2022

La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto legislativo n. 178/2001 attua la Direttiva (UE) 2019/633 in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese della filiera agricola e alimentare, ovvero nelle relazioni B2B tra fornitori ed acquirenti, definendone le pratiche vietate. Le nuove disposizioni si applicano ai contratti conclusi successivamente al 15 dicembre 2021 mentre i contratti stipulati anteriormente dovranno essere resi conformi entro il termine di sei mesi, ovvero il 16 giugno 2022.

I contratti di cessione dei prodotti devono essere anzitutto obbligatoriamente conclusi mediante atto scritto stipulato prima della consegna ed indicante durata, quantità e caratteristiche del prodotto oggetto di cessione, il prezzo le modalità di consegna e di pagamento. La forma scritta può essere soddisfatta attraverso documenti di trasporto o di consegna, fatture, ordini di acquisto, a patto che gli elementi sopra indicati siano stati concordati con accordo quadro. 

La durata minima dei contratti è fissata a dodici mesi, ad eccezione di:

  • durata minore giustificata da stagionalità dei prodotti;
  • sia concordata da parti contraenti;
  • risulti da contratto stipulato con l'assistenza delle rispettive organizzazioni professionali maggiormente rappresentative a livello nazionale e presenti in almeno cinque camere di commercio;
  • l'acquirente svolga l'attività di somministrazione di alimenti e bevande in pubblico esercizio. 

Tra le pratiche vietate, a patto che siano state concordate nel contratto di cessione o in accordo quadro in termini chiari ed univoci, troviamo le richieste al fornitore di

  • restituzione di beni invenduti senza corresponsione di pagamento per gli stessi o per il loro smaltimento;
  • farsi carico dei costi di pubblicità, marketing, scontistica e del personale impiegato per organizzare gli spazi vendita dei prodotti del fornitore. 

Tra le pratiche vietate a prescindere vi sono:

  • mancato rispetto dei termini di pagamento (rispettivamente 30 giorni per i beni deperibili e 60 per quelli non deperibili, successivi alla consegna o al termine stabilito per la consegna, a seconda di quale delle due date sia successiva); in questi casi il creditore ha diritto inderogabilmente agli interessi legali di mora maggiorati di quattro punti a partire dal giorno successivo alla scadenza del termine; 
  • l’annullamento di ordini per prodotti deperibili con un preavviso inferiore a 30 giorni; 
  • la modifica unilaterale delle condizioni di acquisto quanto a luogo, tempi e modalità della fornitura, quantitativi, termini di pagamento e prestazioni accessorie; 
  • l’addebito al fornitore della responsabilità per il deterioramento dei prodotti quando tale deterioramento non sia stato causato da colpa o negligenza del fornitore stesso; 
  • l’acquisizione, l’utilizzo o la divulgazione illecita, da parte dell’acquirente o di soggetti facenti parte della medesima centrale o gruppo d’acquisto dell’acquirente, di segreti commerciali del fornitore;
  • le minacce di ritorsioni e le richieste di risarcimento da parte dell’acquirente per i costi sostenuti per l’esame dei reclami dei clienti;
  • acquisto di prodotti agricoli e alimentari attraverso il ricorso a gare e aste elettroniche a doppio ribasso;
  • imposizione di condizioni contrattuali particolarmente gravose, come quella di rivendere i prodotti al di sotto dei costi di produzione; 
  • mancata osservanza dell’obbligo di stipula del contratto per iscritto prima della consegna, nonché l’omissione del prezzo e dei criteri per la sua determinazione, della quantità e qualità dei prodotti, della durata del contratto, delle scadenze e procedure di pagamento, delle modalità di raccolta e consegna dei prodotti agricoli e delle norme applicabili in caso di forza maggiore; 
  • imposizione di prestazioni accessorie che non abbiano connessioni oggettive con la cessione del prodotto oggetto del contratto; 
  • esclusione dell’applicazione di interessi di mora e delle spese di recupero crediti a danno del creditore; 
  • inserimento di clausola contrattuale che imponga al fornitore l’emissione della fattura dopo un termine minimo rispetto alla consegna del prodotto; 
  • imposizione da parte del fornitore all’acquirente di prodotti con date di scadenza breve rispetto alla vita residua del prodotto, del mantenimento di un certo assortimento dei prodotti del fornitore con inserimento di quelli nuovi e di collocamento degli stessi in posizioni favorite negli scaffali.

Per l’accertamento delle violazioni è stato deputato l’Istituto per il controllo della qualità e la repressione delle frodi (ICQRF) che agisce d’ufficio o su denuncia di qualunque soggetto interessato. Tra questi risultano anche le organizzazioni di rappresentanza alle quali appartengono i contraenti, se quest’ultimo le interpella con specifica richiesta. L’Istituto si impegna a tutelare:

  • l’identità del denunciante o di chi si ritiene essere stato leso da pratica commerciale vietata;
  • le informazioni che, se divulgate, potrebbero ledere gli interessi del denunciante/soggetto leso.

Il decreto contiene infine la disciplina sanzionatoria, con pene che possono arrivare fino al 5% del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio precedente all’accertamento, con minimi d’importo che vanno da 1.000 a 30.000 euro.

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