I fondi paritetici interprofessionali di formazione

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07/08/2019
Secondo un recente studio Ocse, con l’introduzione delle nuove tecnologie digitali, il 15,2% dei posti di lavoro in Italia potrebbe essere completamente automatizzato ed un altro 35,5% potrebbe essere profondamente trasformato rispetto alle mansioni che i lavoratori vi svolgeranno.
Nel nostro Paese il 38% degli adulti ha competenze numeriche o linguistiche basse, e per molti di loro sarà particolarmente difficile far fronte ai cambiamenti. Per mantenere il posto di lavoro o trovarne di nuovi, gli adulti avranno bisogno di aggiornare le proprie competenze durante tutto l’arco della vita lavorativa e, nonostante gli sviluppi positivi registrati negli ultimi anni, l’Italia resta indietro rispetto alla maggior parte dei paesi Ocse sul tema della formazione continua: solo un adulto su cinque segue attività di formazione.

I fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua possono consentire di migliorare l’accesso alla formazione e dare agli adulti le competenze necessarie per riuscire nel mercato del lavoro.
Gestiti dalle parti sociali, hanno l’obiettivo di incoraggiare le imprese a formare i propri dipendenti e di incentivarle a contribuire al costo della formazione. Le imprese possono destinare la quota dello 0,30 per cento dei contributi versati all’Inps a uno dei 19 fondi esistenti ed avere accesso a finanziamenti per formare i propri dipendenti.
Istituiti nel 2004, vi aderiscono circa 1 milione di imprese con una platea potenziale di 10 milioni di lavoratori. Con la gestione di circa 600 milioni di euro ogni anno, rappresentano il più importante canale di finanziamento per la formazione continua in Italia ma sono ancora poco utilizzati, soprattutto tra le aziende di piccole dimensioni: solo il 6,2 per cento delle piccole imprese (tra i 10 e i 19 dipendenti) utilizza i fondi per finanziare la formazione, contro il 64,1 per cento delle grandi imprese (con più di mille dipendenti).